Storia un po’ pasquale, ma anche appena maldestra

Questa mattina nel svegliarmi ho pensato di scrivere a voi.

Storia un po’ pasquale, ma anche appena maldestra

E’ una mano fredda che si avvicina e che ti tocca prima lentamente, poi piano piano quando tu meno te lo aspetti, perché nel frattempo i tuoi pensieri erano rivolti altrove, ti stringe e vorrebbe non lasciarti più. Gli piace fare così, nutrirsi delle tue paure, dei tuoi ragionamenti inutili, di tutto quel mormorio che gira nella tua testa in modo vorticoso, senza fermarsi e soprattutto senza controllo, senza direzione, sbattendo qui e la, cercando di lacerare la bellezza che sai di possedere. Ti ricordi quella volta dell’incidente? Anche li c’era lei. E di quell’altra volta quando hai pronunciato quella parola che ha cambiato il corso della tua vita? la sua presenza era costante ormai da un po’ di giorni, ma te ne sei accorto solo dopo. Come sempre. L’hai sentita così tante volte che quasi ti manca, ma non sempre le storie finiscono male, perché hai imparato ad essere più caldo, a prevenire quella mano, che in fondo ti piace e ti fa sentire bene, così dici tu. Per giustificarti. Cerchi di toglierle i viveri, ma lei è anoressica e le fa solo piacere. E allora, cosa rimane da fare? Sai che faccio? Provo a descriverla come posso, descrivendo i suoi caratteri principali, com’è fatta, come cammina, cosa potrebbe pensare e alla fine, con mio grandissimo stupore, appare bellissima. Una mano fredda da amare. E lei, senza darmi il tempo per ascoltarla, per comprendere meglio, si scalda e diventa amore. Ed io ne rinasco.

Buona rinascita a tuttə

Piccola presentazione

Le storie delle persone sono sempre state al centro della mia vita, non tanto i fatti che sono soggettivi e personali, e a volte sono la componente più effimera della nostra avventura esistenziale, ma quello che più mi interessa è la risposta alle sollecitazioni della vita e i processi mentali per cui scegliamo di comportarci in un modo anzichè in un altro. In oltre 30 anni di lavoro da educatore ho incrociato moltissime vite, spesso ai margini, alcune mi hanno accompagnato altre sono sparite, ma tutte hanno insegnato qualcosa. Ecco! Sono convinto che risieda in quest’ultima affermazione la mia stella polare, potente direttrice che illumina e indica la mia strada: rispecchiarsi nelle vite altrui e quindi incontrare me stesso, è stato ed è un’esperienza fisica. E tra il mare calmo e quello burrascoso, estremi importanti, si collocano tutte le mie esperienze quotidiane, le quali influiscono sulla mia crescita personale e professionale.

La scrittura autobiografica, occupandosi delle storie, fa vivere la sorpresa di vederci nelle parole che la penna solca sui fogli, disvela la natura delle nostre scelte, diventa dispositivo di introspezione e di autoanalisi, ed è quello che accade nei laboratori che organizzo, uno spazio libero dove prendersi cura di sé sospendendo il giudizio su di noi e sugli altri. L’albero di carrubo che uso come simbolo mi collega alle mie origini e rappresenta la resilienza come unica strada per sopravvivere in questo mondo, è la mia storia, la metafora di un adattamento quotidiano.

La catarsi nella scrittura autobiografica

La catarsi nella scrittura autobiografica si riferisce al processo di guarigione e liberazione emotiva che si può sperimentare attraverso la narrazione della propria storia di vita. Scrivere la propria autobiografia può offrire un’opportunità per esplorare e affrontare esperienze dolorose o traumatiche, permettendo di elaborare i sentimenti associati ad esse.

Ecco come la scrittura autobiografica può facilitare la catarsi:

1. Espressione delle emozioni: La scrittura offre uno spazio sicuro per esprimere le emozioni associate a esperienze passate. Puoi liberare sentimenti repressi o non elaborati, permettendo loro di emergere e trovare una forma di espressione.

2. Riflessione e comprensione: Scrivere la tua storia personale ti consente di riflettere sulle tue esperienze in modo più profondo. Puoi esplorare le cause e gli effetti delle situazioni che hai vissuto, cercando di comprendere meglio te stesso e gli altri coinvolti. Questo processo di riflessione può portare a una maggiore consapevolezza e accettazione.

3. Trasformazione del dolore: La scrittura autobiografica può aiutarti a trasformare il dolore e la sofferenza in una forma di arte o narrazione. Attraverso la scrittura, puoi trasmettere il significato delle tue esperienze e trovare un senso di guarigione personale.

4. Ripristino della narrazione: Raccontare la tua storia in modo coerente e significativo può aiutarti a ripristinare il senso di continuità nella tua vita. Puoi dare un ordine alle tue esperienze, riconnettere eventi passati con il presente e trovare una prospettiva più ampia.

5. Condivisione e connessione: può portare a una maggiore connessione con gli altri. Quando condividi la tua storia, puoi scoprire che le tue esperienze sono condivise da molte altre persone. Questa condivisione può portare a un senso di appartenenza e di comprensione reciproca.

6. Liberazione emotiva: Scrivere la tua autobiografia ti permette di liberarti da emozioni e ricordi che potrebbero averti tenuto prigioniero. Mettere per iscritto ciò che hai vissuto può dare una sensazione di sollievo e aprire spazi per nuove esperienze positive.

7. Trasmissione di un messaggio: Attraverso la scrittura autobiografica, puoi trasmettere un messaggio significativo agli altri. Puoi condividere le tue sfide, le tue lezioni apprese e le tue speranze, offrendo ispirazione e supporto ad altre persone che potrebbero essere nella stessa situazione.

Alcuni motivi per scrivere di sè

La bellezza di scrivere di sé risiede nell’opportunità di esplorare e condividere la propria esperienza unica e personale con il mondo. Scrivere di sé stesso può essere un atto di auto-riflessione, di scoperta e di espressione creativa.

Quando si scrive di sé, si ha l’opportunità di esplorare i propri pensieri, emozioni, ricordi ed esperienze. Questo processo di auto-riflessione può portare a una maggiore consapevolezza di sé, alla comprensione dei propri sentimenti e al chiarimento delle proprie idee. Scrivere di sé può anche fornire una forma di terapia personale, consentendo di elaborare e affrontare eventi passati o emozioni complesse.

Inoltre, condividere la propria storia e il proprio punto di vista può essere un modo potente per connettersi con gli altri. Le esperienze e le sfide che affrontiamo nella vita sono spesso condivise da molte altre persone, e attraverso la scrittura personale possiamo creare un legame emotivo e di comprensione reciproca. Le nostre storie possono ispirare, incoraggiare e persino offrire conforto agli altri, creando una connessione umana autentica.

La bellezza di scrivere di sé risiede anche nella possibilità di creare qualcosa di unico e originale. Ognuno di noi ha una voce e una prospettiva unica, e attraverso la scrittura possiamo tradurre queste individualità in parole, immagini e storie. La scrittura personale ci permette di esprimere la nostra creatività e di condividere il nostro mondo interiore con gli altri.

Scrivere di sé può essere un processo di crescita e di auto-realizzazione. Attraverso la scrittura, possiamo esplorare i nostri obiettivi, sogni e aspirazioni, e creare una narrazione della nostra vita che ci ispira a diventare la versione migliore di noi stessi. Scrivere di sé può essere un atto di autocompassione e di fiducia nel proprio percorso personale.

In definitiva, la bellezza di scrivere di sé risiede nella possibilità di esplorare, condividere, creare e crescere. È un’opportunità di connettersi con se stessi e con gli altri, di esprimere la propria unicità e di ispirare il mondo con la propria storia.

In verità non mi…

Mi autodenuncio con gioia.

La verità è che non mi importa se ti piaccio o no…anzi quando vuoi usciamo a bere qualcosa e parliamo male di me. E se avanza tempo ti spiego perché è meglio arrotolore gli spaghetti con il cucchiaio.

Che cos’è la scrittura autobiografica?

La parola autobiografia deriva del greco authòs bìos graphein, cioè scrivere della propria vita. E’ un gesto che si compie tutte le volte che mettiamo al centro dell’attenzione non solo gli avvenimenti che abbiamo vissuto, ma la storia della nostra personalità, l’evoluzione dei nostri pensieri e come abbiamo reagito alla nostra avventura esistenziale. E’ un viaggio attraverso le infinite stanze della nostra memoria, luogo d’incontro con se stessi e con tutte quelle manifestazioni dell’essere umano, piacevoli o meno, che abbiamo vissuto.

L’autobiografia è ormai divenuta uno dei grandi temi della ricerca contemporanea. In letteratura, in sociologia, nella psicologia, ma anche nella storia e soprattutto nella pedagogia. Le ragioni di questo interessamento sono molteplici, ma una prevale su tutte: il ritorno al centro del soggetto nella cultura contemporanea. L’epoca del dopo-le-ideologie mostra in modo evidente la crisi del soggetto, con la necessità ormai non più rinviabile di trovare nuovi percorsi esistenziali, di porsi domande mai fatte sulla propria identità per assumersi in prima persona la cura di sé come rielaborazione di una più personale traiettoria di senso. Scrivere di se stessi permette, quindi, alla nostra interiorità di materializzarsi sul foglio, con l’aiuto delle parole e dona forma e sostanza ai ricordi e ai pensieri intrisi di vissuti ed emozioni. Ed è proprio grazie alla scrittura che i nostri ricordi più intimi si liberano, a volte si scoprono dimensioni differenti, ci si può addirittura meravigliare, perché la penna ti porta in luoghi della tua anima che non potresti visitare se non attraverso la pratica silenziosa e solitaria della scrittura autobiografica.

Narrare se stessi, attraverso la scrittura, vuol dire anche assistere allo spettacolo della nostra vita, ci si “vede” come in un film il cui montaggio e la cui sceneggiatura non sono dati, con i fotogrammi in bianco e nero o a colori, sbiaditi o accesi, a seconda che i nostri ricordi siano subito rintracciabili o abbiano bisogno di tempo e di silenzio per emergere. Il bisogno di scrivere è anche un tentativo di padroneggiare meglio la situazione: perché non solo ci aiuta a capirla meglio ma perché ha una funzione catartica, liberatoria, perché scrivendo ci distanziamo dai problemi e li possiamo padroneggiare.

Quando partecipiamo ad un laboratorio o dischiudiamo le porte della nostra vita alla scrittura autobiografica abbiamo la netta sensazione di fare qualcosa di bello per noi, di fermarci per un attimo pensando solo a noi stessi, fuori dai rumori, a volta fastidiosi, che tutti i giorni ci fanno compagnia. Il silenzio della scrittura diventa quindi una forma di ascesi, una condizione essenziale di lotta contro l’oblio. I ricordi che ne scaturiscono danno luogo a significati, che forse non conoscevamo, e che a loro volta si trasformano in storie. Questo processo riconcilia con quanto si è stati e procura all’autore emozioni di quiete, e quindi in un certo modo lo cura: lo fa sentire meglio attraverso il raccontarsi e il raccontare che diventano quasi forme di liberazione e di ricongiungimento. Perché l’azione del ripensare a ciò che abbiamo vissuto, crea un altro da noi. Lo vediamo agire, sbagliare, amare, soffrire, godere, mentire, ammalarsi e gioire: quindi ci sdoppiamo, ci moltiplichiamo e ogni autobiografia è stata scritta perché l’autore aveva bisogno di attribuirsi un significato, anzi più di uno, e presentarsi al mondo.

Un aspetto importante che avviene è quello dell’autoformazione, perché le parole della nostra vita ci aiutano a scavare dentro di noi e ai nostri saperi nascosti e a tirarli fuori mettendo in atto una rielaborazione, ri-significazione, risistemazione delle esperienze. È attraverso la narrazione di sé e dei propri sentimenti che possiamo cercare di metterci davvero in relazione con gli altri. La scrittura e la narrazione autobiografica fanno sì che i ricordi vengano isolati, quasi illuminati, poi che vengano messi in ordine, in sequenza e infine collocati in qualche luogo (contestualizzazione). La mente opera ancora una concatenazione dei ricordi e una loro ri-significazione. Infatti, una volta scritto un frammento, o una parte della mia storia, lo inserirò diversamente da prima nel mio vissuto agendo un cambiamento.

L’altro aspetto importante che bisogna tener presente è quello della cura, che si manifesta nel fatto che la scrittura permette di far decantare sulla pagina, di far uscire fuori di sé quello che dentro è in tumulto. Una volta che abbiamo reso oggettivo quel frammento, lo possiamo guardare con un po’ più di distacco e distanza e ci farà meno paura. La scrittura insomma ci permette di “fare i conti” o di aprirli, anche con le esperienze e i ricordi più dolorosi, di dargli un significato in un contesto, di accettarli finalmente.

Importanti in un laboratorio sono la sospensione del giudizio e la condivisione facoltativa delle scritture. Il principio fondante è che si scrive individualmente ma insieme e la scrittura è il medium d’elezione. Ci saranno dei momenti di condivisione orale ma per lo più ci si dedicherà alla parola scritta. Ognuno scriverà di sé sulla base delle sollecitazioni proposte; questo viene però sempre fatto all’interno della coralità del gruppo, per questo verranno sollecitati anche momenti di condivisione. La condivisione non è obbligatoria ma auspicabile poiché presumibilmente ognuno è mosso da un’intenzione simile nell’approcciare la scrittura autobiografica. E’, dunque, un’opportunità quella di poter offrire oralmente anche agli altri l’esperienza individuale che si è fatta. L’ascolto da parte degli altri è un ascolto attivo nel quale ci si lascia penetrare dalle parole, a mente sgombra da ogni forma di giudizio o pregiudizio, coltivando l’epoché cara ai greci. Si resta semplicemente in osservazione delle risonanze e/o dissonanze, senza echi, interpretazioni o psicologismi.

La scrittura autobiografica è quindi una pratica formativa per tutti e tutte e per ciascuno, nessuno escluso.

Alcune cose che penso

Quello che leggerete è solamente il mio punto di vista che inizia e finisce dove inizia e finisce il mio corpo. Nulla di più e nulla ha a che fare con la verità assoluta, ma con la verità parziale, la mia e, solamente la mia. Questa precisazione serve a me per scrivere con l’io assertivo, orientato alla ricerca di senso e a voi per sindacare su questo mucchio di parole. E poi perché trovo l’assunzione di responsabilità un atto rivoluzionario.

La società contemporanea è ancora assoggettata a schemi antichi, ma non potrebbe essere diversamente, visto che le evoluzioni, le trasformazioni sociali e culturali sono lente e non sempre vengono “lette” con benevolenza, anzi spesso non emergono chiare neanche a chi possiede una buona pratica del sentire. La resistenza al cambiamento è dura e soprattutto non indolore. La cultura cambia non solo perchè ci sono persone che hanno detto e fatto cose, ma per un bisogno dell’umanità al di sopra del nostro controllo e gestione. Diversamente da chi afferma di credere solo a ciò che vede, io sono convinto che ci siano cicli energetici non vigilati che alternandosi rendono possibili azioni e pensieri. Abbiamo vissuto l’energia maschile con la sua bellezza ed il suo orrore, adesso siamo dentro un’era femminile anch’essa portatrice della polarità del bene e del male. Si vedrà.

Ogni giorno sento e leggo tantissime frasi del tipo: non ci sono più gli uomini e le donne di una volta, se sei un uomo devi fare così, se fossi una donna vera non gli avresti risposto, gli uomini e le donne vere si comportano diversamente e così via con una sequela infinita di gabbie mentali e programmi schiavizzanti, spesso autoinflitti (e questo è il vero dramma). Sempre in competizione, sempre una persona contro l’altra, sempre vivendo il mondo in verticale io sopra e tu sotto, o in orizzontale, ci sono prima io e tu, dopo. Uomini contro donne, donne contro uomini, uomini contro uomini e donne contro donne, in una spirale di violenza senza fine, quando in verità siamo tutti vittime a carnefici, oppressi e oppressori e insieme dovremmo aiutarci, vederci emotivamente, dare un segnale di presenza vera, soprattutto alle persone che ci stanno vicino.

Io penso al nostro mondo come uno spazio pluridimensionale, nel quale non esistono distanze, separazioni, sotto, sopra, ma bensì un movimento, probabilmente non a caso, anzi sicuramente non a caso, nel quale ci spostiamo laddove è presente qualcosa che dovrebbe farci evolvere. Le famose domande alle quali dovremmo dare una risposta, oppure esperienze, senza le quali rimarremmo impantanati, in caso non le capissimo, nello stesso magma della comfort zone e del loop.

L’evento che ha fatto emergere, più di ogni altro, il disegno cosmico del cambiamento, di un qualcosa in evoluzione contro il binarismo in ogni ambito del vivere è sicuramente la caduta del muro di Berlino. Avevo vent’anni e ogni colpo, visto in tv, inferto a quel maledetto muro era come se lo avessi dato anch’io, ero lì con loro e ringraziavo per ciò che stavano facendo. Sono rimasto incollato allo schermo per giorni con un senso di liberazione senza eguali e con la felicità di vedere le persone abbracciarsi (il gesto più bello in assoluto), perché in fondo siamo tutti, a quel livello, sulla stessa barca. Il muro è causa di una divisione decennale, non solo fisica, ma emotiva, energetica e spirituale. La caduta del muro di Berlino ha dato il via ad un rimescolamento di tutto ciò che era nella norma, né normale né giusto. Quanti muri sono presenti ancora nella nostra vita? Interni, tantissimi.

Come tutto, a meno che voi non lo vediate, si sta trasformando, in che cosa non si sa! Lo sapremo solo vivendo e la stessa conoscenza sarà in capo alle generazioni future, magnificamente immerse in un mondo molto diverso dal nostro. Magnifico! A dispetto di tutti quei boomer, sociopatici e avvizziti mentalmente, ancora sulla cresta dell’onda che vorrebbero insegnare a quelli più giovani come si vive per davvero. Poveri! Non accettano che dovrebbero farsi da parte.

Anche la sessualità vive, fortunatamente, questa evoluzione e non potrebbe essere diversamente. Politica, stati, filosofie, religioni e ideologie non potranno fare nulla per contrastare un movimento dell’anima e la volontà di autodeterminarsi delle persone in tutti gli ambiti della vita. Ci si libera sempre più dalle costrizioni millenarie, cioè dalla cultura dominante. Chi la chiama patriarcato, chi capitalismo (sono solo dei nomi) chi invece, come me, pensa che tutto ciò sia solo la punta dell’iceberg di qualcosa di più grande, più difficile da individuare, che permea ancora troppo tutto ciò che facciamo e che distanzia l’umanità dalla felicità.

Ci hanno detto da sempre che esistono gli uomini e le donne e che questi si comportano in un certo modo, accoppiandosi tra loro, creando la famiglia, facendo un certo tipo di sesso e che questo è composto dai preliminari e dal sesso penetrativo. Tutto ciò è falso. Estremamente falso. Il sesso con l’altra persona inizia quando affiora il desiderio e non è detto che la penetrazione sia, nel caso della coppia etero, ma anche nelle altre sessualità la componente più importante. Tutto ciò per difendere il bisogno millenario di controllo sui corpi, sia quello maschile, sia quello femminile per l’evidente necessità di avere bambini e bambine che possano continuare il gioco tradizionale dell’unione familiare. Ciò non vuole essere una diatriba nei confronti di chi si vuole unire in famiglia, ci mancherebbe altro, ma una spinta all’autodeterminazione in ogni ambito dell’esistenza.

Sempre più persone sentono una spinta verso altro e avere curiosità per l’esplorazione di sessualità differenti rientra a pieno titolo nel mood della contemporaneità e del futuro.

Tutto ciò apre le porte ad una meravigliosa pluralità di sfumature, altro che i sette colori dell’arcobaleno, con le quali dovremmo farci i conti integrandole nella cultura, nella lingua, nei gesti e nelle parole che scegliamo di usare.

In ultima e breve analisi tutto scorre e tutto si trasforma, quindi vi lascio con una domanda: Siamo pronti a ricevere la bellezza dell’unicità delle persone?